La spiaggia della Lecciona polo d’attrazione. Un bar: Sono i clienti migliori!
TORRE DEL LAGO – L’Arci gay ha un sogno: vedere sventolare la bandiera arcobaleno degli omosessuali a Torre del Lago, davanti a bar, ristoranti, campeggi. E sulla spiaggia. L’ampio spazio della Lecciona – cespugli partoriti dalla sabbia, e poco più in là il boschetto di querce, ultima propaggine del parco – è da tempo un polo d’attrazione per i gay di tutta l’Italia centro-settentrionale, conosciuta all’estero e citata nelle guide internazionali. Da qui la proposta dell’Arci: perché non proviamo a sviluppare il turismo gay fornendo strutture più qualificate, hotel, campeggi attrezzati? Riservati agli omosessuali oppure semplicemente gay-friendly, come dicono gli inglesi, cioè senza preclusioni, aperti, dove tanto per dirne una non si facciano domande imbarazzanti a due uomini che chiedono una camera matrimoniale. Nessuna cittadella dell’amore, beninteso, precisa Alessio De Giorgi, presidente dell’Arci Gay di Lucca e Pisa, piuttosto la creazione di un circuito di locali: una rivista, da pubblicare per l’estate, indicherebbe poi tutti gli esercizi dove gli omosessuali sono ben accolti. De Giorgi fa l’esempio di Lesbo: l’isoletta greca da anni è meta di un turismo tutto al femminile, con qualche problema di convivenza, però, con gli abitanti. La primavera scorsa il sindaco ha cominciato a fare pubblicità sui giornali di mezzo mondo, a proporre un’immagine più sofisticata dell’isola, le donne sono arrivate ancora più numerose, e naturalmente sono arrivati i soldi. Fine delle proteste. Torre del Lago – osserva De Giorgi – oggi è frequentata dai gay per la sua spiaggia ma non ha niente, nemmeno un bell’hotel: «Perché allora non rigirare la frittata, come ha fatto il sindaco di Lesbo? Il turismo omosessuale non si può disincentivare, tanto vale allora incentivarlo». Le ricerche di marketing dicono tra l’altro che il gay è un cliente spendaccione, spesso è single o se anche è in coppia non ha figli, e poi è uno che ama godersi la vita. Così – suggerisce l’Arci – basterebbe fare due conti, «gli operatori dovrebbero svegliarsi». Baristi e ristoratori, però, non sempre ci tengono a vedere etichettata Torre del Lago come futura capitale del turismo gay. C’è addirittura chi s’infuria alla proposta e butta giù malamente il telefono, come la titolare della gelateria Pacini o come Milvia Gemignani, del ristorante «Il pescatore», preoccupata perché «se ci sono gli omosessuali le famiglie scappano». Anche Gianfranco Carmassi, il proprietario del bar pizzeria «La lecciona», a due passi dal sentiero che porta alla spiaggia, non risparmia i toni duri. Da lui, dice, «prima» transitavano moltissimi gay, «ma poi ho avuto delle discussioni con alcuni di loro, spero proprio che non vengano più». Carmassi, anzi, minaccia iniziative dissuasive: «Sto pensando di cambiare nome al locale, altrimenti vedono la scritta della spiaggia sulle loro guide e vengono qui. E dire che il nome Lecciona, che poi ci ha copiato anche il Parco, se l’è inventato mio nonno perché c’era un leccio immenso, con 4 fusti che partivano quasi da terra». C’è però chi, al contrario, con i clienti gay si trova benissimo: Maurizio Fabbrini, titolare del bar Notturno, un locale aperto 24 ore su 24, ne vede transitare tanti, magari all’uscita dal Frau Marlen. «Sono discreti, riservati, non è vero che danno scandalo – osserva – e poi amano spendere, fare la bella vita». Non avrebbe problemi, dice, a vedere la bandiera arcobaleno sul suo locale. «Ma non siamo ancora preparati». Sergio, il titolare di «Ghost», altro locale che, almeno d’estate, sceglie l’apertura no stop, va sul pratico: «Torre del Lago guadagna e campa sui gay, è inutile che la gente si lamenti, anzi gli omosessuali spesso sono più affidabili degli altri. Io lavoro con tutti». E sono in molti – tra loro anche Regina, leader toscana dei transessuali – a ricordare che «spesso quelli che fanno i moralisti poi affittano a due milioni al mese appartamenti scalcinati che vengono usati per la prostituzione». Un no deciso alla proposta dell’Arci gay viene invece dal presidente della circoscrizione, Antonio Malfatti, del Polo: «Più che una proposta è una provocazione, e io la rimando al mittente», sbotta. «Si vuole forse che ci additino come il paese dei gay anziché il paese di Puccini? Sarebbe una pessima immagine. Altro che incentivare questo tipo di turismo, dobbiamo piuttosto metterlo all’angolo. Si rischia di non poter più godere appieno delle spiagge». E se la prende anche con il Parco che mette troppi paletti. Per Arturo Cordoni, ex presidente della circoscrizione e ora capogruppo del Ppi in consiglio comunale, «riservare una porzione del territorio a parti della popolazione è discriminante nei confronti degli altri. Già ora alla Lecciona – aggiunge – una famiglia non ci va. E’ vero che i servizi vanno migliorati, ma per tutti». E del rischio discriminazione, però in termini diversi, parla anche l’assessore Riccardo Bertini. «Mi sembra che si voglia creare un recinto per gay, così si teorizza l’emarginazione. Non capisco perché non possano stare insieme a tutti: vedere due uomini che si tengono per mano sotto l’ombrellone non mi scandalizza certo: tutto sta nella forma». Risponde De Giorgi: «Non vogliamo chiuderci in un ghetto. Purtroppo oggi la separatezza è una necessità: quando c’è una discoteca “mista”, tanto per fare un esempio, spesso finisce a cazzotti. Magari un gay fa l’occhiolino a un eterosessuale che ha bevuto un po’ troppo e quello anziché rispondergli “no grazie” gli tira un pugno. Meglio evitare. Per ora». E l’Apt? Il presidente Massimo Lucchesi si sente colto alla sprovvista, vuole pensarci, conoscere le proposte. «Certo, dice, è anche un discorso di civiltà». Già, la civiltà. Dai toni di certe risposte sembra che ci sia ancora un bel po’ di strada da fare: il dibattito non è proprio sereno.
Fonte: Il Tirreno 1 Marzo 1998